Prosegue il nostro viaggio nell’Europa dello Sport con l’analisi dei cinque modelli sportivi presenti in europa elencati dal Prof. Nicola Porro nell’intervista pubblicata il 30 gennaio scorso (vedi qui): ecco il primo approfondimento dedicato al MODELLO NORD EUROPEO al quale seguiranno gli altri quattro. Nella descrizione dei singoli modelli, il prof. Porro li alleggerisce – senza perdere di incisività e chiarezza e rendendoli ancora più scorrevoli – di tutte quelle caratteristiche scientifiche non strettamente necessarie. Buona lettura.
Europa e Sport: 1 Modello Nord europeo
di Nicola Rinaldo Porro
L’area nord-europea comprende i Paesi scandinavi propriamente intesi, due dei quali (Svezia e Danimarca) fanno parte dell’Unione Europea, a differenza di Islanda e Norvegia. La Finlandia, che appartiene a un diverso contesto linguistico-culturale, appartiene alla UE ed è assimilata convenzionalmente alla cosiddetta area nordica. Rappresentano i Paesi a più alta intensità di pratica sportiva diffusa al mondo: tutti vantano oltre quattro quinti di popolazione fisicamente attiva secondo le stime dell’Eurobarometro 2018 (l’Italia si attesta a un magro 38%).
Paesi a più alta intensità di pratica sportiva al mondo
Si tratta di Paesi caratterizzati da politiche sociali universalistiche, distributive e rigorosamente gestite dalla sfera pubblica. Territorio d’elezione dello sport di cittadinanza, questi Paesi presentano una netta separazione di ruoli e competenze fra sport per tutti e sport di prestazione. Il primo è considerato un segmento strategico delle politiche sociali ed è massicciamente sostenuto da risorse pubbliche, in qualche caso da vere e proprie agenzie statali. L’alta competizione si affida invece esclusivamente al mercato (lo sport professionistico) e alle reti olimpiche e federali di specialità, assai più snelle e meno costose di quelle operanti negli altri Paesi comunitari.
Lo sport è parte nevralgica di un sistema sociale sviluppatosi fra le due guerre del Novecento e ispirato al cosiddetto compromesso social-democratico
Si rivolge indistintamente a tutti i cittadini ed è caratterizzato da schemi universalistici di protezione sociale, con prestazioni generose, ma a somma fissa e finanziate dalla fiscalità generale.
Nei Paesi scandinavi l’elevatissima percentuale di praticanti (quasi la totalità dei cittadini!) riflette senza dubbio stili di vita diffusi e un
antico ed esteso radicamento delle attività fisiche nel vissuto collettivo
Riproduce però con molta probabilità anche una più estensiva rappresentazione soggettiva del concetto di ‘attività’ rispetto ad altre aree (soprattutto a quella dell’Europa latina e mediterranea).
Proprio nell’area scandinava è fortemente presente, accanto a una diretta presenza delle agenzie di Stato per lo sport per tutti, una componente che Esping-Andersen (sociologo e politologo danese) definirebbe ‘corporativa’.
Le grandi reti organizzative di sport di massa sono in quei Paesi prevalentemente espressione del movimento sindacale o di altre organizzazioni, come quella che aggrega la minoranza di lingua svedese in Finlandia, e il supporto ai loro programmi di azione motoria sono oggetto da decenni di classiche politiche di concertazione decisionale.
Esiste una ‘dignità culturale’ del corpo legata ad una tradizione di efficienza fisica e a modelli salutistici che affondano radici anche nella storia remota di quelle popolazioni
La formazione scolastica è molto orientata alla pratica fisico-motoria. Esiste una “dignità culturale” del corpo legata ad una tradizione di efficienza fisica e a modelli salutistici che affondano radici anche nella storia remota di quelle popolazioni. Più recente è la costituzione, come del resto in Germania, di un esteso associazionismo di base. Sin dall’Ottocento esso si è speso identificato con le attività ginnico-coreografiche e all’aperto che possedevano contenuti pedagogici (la disciplina del gesto, l’educazione ala socialità).
Nel Novecento questa tradizione sarà tuttavia oggetto di una torsione strumentale a opera dei regimi totalitari in Germania, in Unione sovietica e nella stessa Italia fascista
Poverissimi sino alle prime decadi del Novecento, i Paesi scandinavi acquisteranno centralità geopolitica con le grandi guerre del secolo. Il sistema di welfare “universalistico” rappresenterà una risposta democratica e solidaristica dello Stato alla sfida sia dei nazionalismi reazionari sia del comunismo sovietico.
Società del benessere
In questa prospettiva lo sport della cittadinanza sociale acquisterà un significato etico-sociale e anche identitario ancora tenacemente coltivato come valore condiviso: è l’idea della “Società del benessere“, analizzata dall’economista svedese Gunnar Myrdal (scomparso nel 1987) insignito del Premio Nobel per l’Economia nel 1974.
Crisi economiche, migratorie e finanziarie
Tale idea si è solo di recente incrinata grazie all’onda lunga delle crisi economiche, migratorie e finanziarie che hanno interessato il continente a partire dal 2008. Ciò non ha significato rifiuto dell’alta prestazione, come testimoniano le stagioni d’oro degli anni fra i Cinquanta e gli Ottanta (soprattutto, ma non solo, negli Sport invernali): successi maturati però nel circuito dell’agonismo di performance, a carico quasi esclusivo di sponsor commerciali.