di Giacomo Mazzocchi
La finale di Coppa Italia ha onorato il calcio italiano e importa poco chi alla fine ha alzato al cielo la Coppa, talmente è stata equilibrata la partita. Sia la Lazio che l’Atalanta avrebbero meritato di vincere perché entrambe espressione del miglior calcio italiano sotto ogni punto di vista. Plateale dimostrazione che il calcio made in Italy si può realizzare anche senza ricorrere ai capitali stranieri e alla speculazione, ma grazie ad una saggia amministrazione e competenza.
Le proprietà delle due squadre sono entrambe interamente italiane. Antonio Percassi è un ex calciatore atalantino di serie A diventato imprenditore. Claudio Lotito è un appassionato latinista ciociaro che una ventina di anni fa scoprì che la squadra di calcio per cui tifava poteva essere salvata dallo storico sfacelo facendola magari diventare anche un buon business.
Dunque in entrambe le realtà un mix di passione sportiva e capacità imprenditoriali. Oggi le due società sono due solide aziende italiane che sanno gestirsi abilmente sul mercato. Vendono badando al bilancio, ma non svendono e trattengono gli indispensabili. Si circondano di abili collaboratori attingendo ad allenatori italiani capaci e non iperpagati, magari fatti in casa come Simone Inzaghi. Così come Igli Tare, alla Lazio come centravanti per poi trasformarsi nel più abile e competente scopritore di talenti in circolazione. Lo staff biancoazzurro: laziali e fedeli.
Tanto a Bergamo quanto a Roma i bilanci non piangono e le società crescono sempre per il loro valore tecnico e il tempo delle retrocessioni è lontanissimo. Sono anni ormai che frequentano le parti alte della classifica. Interessa poco se, per giunta, le casse delle famiglia Percassi e Lotito siano attive o passive. Sicuramente non ci rimettono e le due società vendono il superfluo, ma non l’indispensabile ma trattenendo sempre i loro veri gioielli: per l’Atalkanta Gomez e Ilicic, per la Lazio i vari Immobile o Luis Alberto.
Ma i gioielli veri delle due squadre restano gli allenatori. I talenti si impongono a Bergamo come a Roma perché le due squadre hanno una impostazione tenico-tattica alla Guardiola o stile Ajax: promuovono e valorizzano il talento dei giocatori. Sicchè, un giocatore apparentemente mediocre come Zapata si trasforma in un ‘centro boa, punto di riferimento e buono per valanghe di reti. Oppure l’illustre sconosciuto Milinkovic diventa un pezzo di mercato pregiato e l’incompiuto spagnolo Correa diventa un fenomeno alla Garrincha.
Merito delle due società che i loro tecnici siano all’avanguardia in Italia e che pratichino entrambe un calcio divertente brillante e vincente tanto da indurre oltre 20.000 bergamaschi (una cittadina come Frascati situata vicino Roma) a trasferirsi entusiasti a Roma nonostante gli allarmi meteo.
Alla fine, il risultato non ha avuto per loro l’esito sperato: la Lazio ha avuto un benefit in più (ha giocato in casa – regolamento forse da rivedere) ma lo spettacolo ha meritato. Due squadre moderne e scintillanti, emozioni, ritmo da premiership inglese. E poi pali, ammonizioni, sportività ed epilogo solo negli ultimi minuti.
Altrove, squadre blasonate – espressioni di capitali soprattutto stranieri o speculativi – esprimono un calcio superato, consolate solo da qualche risicata vittoria di fronte a spalti sempre più vuoti e spettatori sostanzialmente annoiati. Lazio ed Atalanta stanno segnando un tracciato preciso sul cui solco si innesta la Nazionale di Mancini.
Onore ad entrambe come anche all’organizzazione della Coppa Italia che, grazie all’eliminazione diretta, riesce ad esprimere un reale confronto. La Rai, a poco prezzo, è riuscita a mantenersi l’esclusiva del torneo che oggi diventa il più rappresentativo e seguito poiché la Serie A ‘superspezzatino’ è diventata un labirinto televisivo in cui ci si sperde. L’Atalanta può giocare ancora, con probabile successo, le proprie chance per l’accesso alla Champions League, la Lazio accede direttamente all’Europa League.
TENNIS – A Roma è tornato il sole, non solo metaforicamente. In particolare al Foro Italico sede dello Stadio del Tennis (oltre che dello Stadio Olimpico) dove oggi si disputano il numero record di 40 partite degli Internazionali di Tennis, con protagonisti tutte le stelle mondiali, sia in campo maschile che femminile, fermate ieri dalla bomba d’acqua che ha imperversato sulla penisola.