di Giacomo Mazzocchi
Ammonivano i saggi antichi romani: ‘Ad impossibilia nemo tenetur!’ che tradotto ammonisce ‘Nessuno è tenuto a fare cose impossibili’.
E’ questo il caso della pattuglia di tennisti azzurri che ieri, metaforicamente, ha fatto crollare il Foro Italico. Ovvero le aspettative di coloro che sfidando le intemperie affollavano gli spalti dello Stadio del Tennis immaginando nuove imprese gloriose da parte dei quattro italiani (Fognini, Berrettini, Cecchinato, Sinner) che tanto bene stavano comportandosi.
Lo sport ha le sue leggi e nulla si crea dal poco, non ci si inventa campioni da un giorno all’altro, specie negli sport individuali. Specie nel tennis, sport altamente professionistico che muove milioni di euro, dove ogni campione è una vera propria azienda dotata di strutture e staff che si prende cura di ogni dettaglio.
Il tennis non è il calcio dove un allenatore bravo – Gasperini a Bergamo o Ten Hag ad Amsterdam – mette a punto un modello di calcio e batte tutti. In comune calcio e tennis hanno soltanto la forma sferica dell’oggetto che colpiscono e la traiettoria che percorrerà.
Nel rugby la palla ovale può rimbalzare dove vuole e diventare imprevedibile, ma nel tennis no: il dominio della palla necessita di proprie specificità
Il tennis, come ogni sport individuale, non si improvvisa a tavolino, richiede una lenta crescita negli anni. Non è un caso, per esempio, che gli ultimi campioni ad imporsi nel Circo Tennistico Mondiale provengano da ambienti in cui sono cresciuti a pane e tennis. Ci riferiamo ai due spilungoni Alexander Zverev e del ventenne Tsitsipas. Lo stesso Matteo Berrettini è cresciuto su un campo da Tennis.
Questa crescita del tennista è confermata da un congegno infallibile: il punteggio ATP che registra ogni passo della carriera. Se uno è numero 1 come Djokovic, vuol dire che il suo valore sul campo è il più alto.
Digerita la delusione emotiva per le sconfitte, occorre chiarire che i ragazzi azzurri sono stati all’altezza, confermando il trend di crescita delle racchette maschili. Al torneo hanno preso parte sedici fra i primi diciannove giocatori al mondo, attirati da un monte premi che assegna 958.055 euro al vincitore.
Fabio Fognini, superati il francese Tsonga ed il Moldavo Albot, è stato fermato da Tsitsipas che nelle graduatorie mondiali è avanti a lui di due posizioni. Matteo Berretini, cresciuto esponenzialmente nell’ultimo mese, passando da numero 56 a 31 e ha perso con Diego Schwartzman numero. Marco Cecchinato, numero 19, dopo aver regolato con fatica il talento australiano Deminaur, è scoppiato inspiegabilmente nel corso di un match che stava dominando perdendo sette games consecutivi senza più riprendersi.
Il bilancio già favorevole delle prestazioni italiane si impreziosisce ancora per la bella avventura di Jannik Sinner. Il diciassettenne altoatesino – al battesimo in una prova così ardua (numero 254 del ranking) ha affrontato e superato in tre set un guerriero esperto come lo statunitense Johnson. Poi ha affrontato Tsitsipas perdendo con il medesimo score di Fognini 6-4. 6-3.
Cosa si vuole di più? Anche perché, per la consolazione degli azzurri, nelle loro tasche rimangono discreti gruzzoli: 64.225 euro per Fognini (terzo turno) e 33.635 euro per gli altri tre. Naturalmente da condividere con i rispettivi entourage.
Il Foro Italico rimane ora tutto Internazionale.