di Giacomo Mazzocchi
Giornate d’oro per l’Atletica leggera italiana: dopo anni di anonimato la regina degli sport ha finalmente dato un segnale chiaro di ripresa, di essere tornata ai massimi livelli competitivi nella disciplina che testimonia il livello sportivo di un paese.
Disciplina che per tanti anni aveva visto l’Italia distinguersi per qualità e quantità, ovvero con tanti campioni in ogni disciplina. Due ragazze (una di 17, una di 19 anni) e un ragazzo di diciannove anni hanno infatti conquistato il gradino più alto del podio ai Campionati Europei Under 20 in corso di svolgimento in quel di Boras in Svezia.
Si tratta di Vittoria Fontana, Lorenzo Paissan e Larissa Iapichino, figlia d’arte. La loro affermazione assume particolare rilievo se si considera che avviene per i primi due nella specialità simbolo dell’atletica: i 100 metri. La Fontana addirittura ha eguagliato in semifinale (11”42) e poi migliorato in finale (11”40) il record italiano di categoria che durava da 20 anni. Paissan (dal trentino), nel segno di Pietro Mennea, ha vinto con un significativo e netto 10”44.
Il tutto sulla scia di quell’altro giovane ventunenne, Filippo Tortu, che con il suo primato di 9”9 è l’unico ad aver corso i 100 metri sotto la barriera dei 10 secondi.
La Iapichino, invece, ha vinto l’oro nel salto in lungo con 6,58. Larissa Iapichino è la figlia di Fiona May e Gianni Iapichino: buon sangue non mente…
Queste prestazioni si registrano non al livello assoluto europeo ma in quello giovanile, e dunque parlare in termini così entusiastici può apparire esagerato.
Invece, non lo è affatto perché la velocità – ed il giro di pista con o senza ostacoli – è sempre stata un terreno fertile per il talento italiano dai tempi dei Giochi Olimpici di Roma con Livio Berruti. E poi Mennea, Tilli, Pavoni (e tante 4 x100..), Ottoz, Frinolli fino ai giro di pista di Fiasconaro.
Dal 1960, e per almeno 40 anni, gli azzurri sono stati fra i pochi a contrastare nelle specialità veloci il predominio degli atleti neri favoriti geneticamente dalla quantità di fibre rosse presenti nella loro muscolatura. Non mancavano atleti di colore nelle finali vinte dai giovani italiani in Svezia, ma Fontana e Paissan li hanno messi in riga tutti.
Tutto ciò avviene proprio nel giorno in cui, a Johannesburg, Marcello Fiasconaro insieme ai suoi tanti amici, ha festeggiato il suo settantesimo compleanno. Marcello è figlio di Gregorio, giovane baritono e pilota siciliano abbattuto in uno scontro aereo fra caccia italiani ed inglesi nei cieli del Sudan nel 1941.
Atterraggio rocambolesco, fuga fra le dune del deserto verso il Mar Rosso. Cattura, campo di concentramento nel Transvaal e nel 1947 diventa Direttore del Teatro Lirico di Cape Town. Si sposa e nel ’49 nasce Marcello che rimane italiano per sempre. Gioca a Rugby e corre in pista per la scuola.
L’Italia lo scopre il 27 giugno 1973 all’Arena di Milano quando stabilisce con 1’43”7 il nuovo record del mondo sul doppio giro di pista, gli 800 metri. Un primato che dura tre anni, fino a quando non lo spodesta il cubano Juantorena (l’uomo chiamato ‘caballo’) il 23 luglio 1976 a Montreal. Ma il suo 1’43”7 dopo 46 anni in Italia è ancora imbattuto.
Terminata la parentesi atletica a causa di problemi tendinei, Fiasconaro rimane in Italia come giocatore di Rugby realizzando 8 mete in 5 partite. Quindi il lavoro lo richiama in Sud Africa con lo sguardo sempre attento alle cose italiane.
Quale miglior augurio per lui – in un momento così problematico per il nostro paese – se non quello che il suo Bel Paese ritrovi le proprie radici? Grazie, Vittoria, grazie Lorenzo e grazie Marcello Fiasconaro. Auguri a tutti ed alla Atletica Leggera Italiana.