di Giacomo Mazzocchi
Come sostiene Gary Lineker, ex calciatore inglese e commentatore TV britannico che ha seguito le vicende d’oltremanica dell’attuale allenatore della Juventus: “Sarri ha le p..le”. Su questo non si può dubitare: non si diventa allenatore ricercato in Inghilterra, e in Italia, se non si possiedono fior di attributi. Specie quando si viene dal nulla – o quasi – senza avere alle spalle un importante curriculum da calciatore.
È altrettanto vero, però, che il successo dà alla testa soprattutto quando si raggiunge per meriti propri, accompagnati da un eccezionale salto nel riconoscimento socioeconomico. Il pericolo, in questi casi, è scivolare inesorabilmente verso una sorta di delirio di onnipotenza, un classico, con il ‘super io’ che tende a non voler condividere con alcuno il merito del proprio successo. Nella storia del calcio sono innumerevoli i casi di conflitto allenatore-campione. Su tutti, recentissimi, quelli clamorosi di Totti alla Roma e Icardi a all’Inter.
Protagonista in entrambe le situazioni Luciano Spalletti, coetaneo di Sarri e anche lui di scuola tecnica targata Empoli. Spalletti ha mostrato di avere fior di attributi sia a Roma che a Milano, optando per lo scontro frontale con le due Icone che potevano fargli ombra. Le due battaglie le ha vinte, ma alla fine ha perso la guerra nonostante che sia la Roma che l’Inter lo avessero sostenuto. Apparve poi palese che il tecnico toscano avesse sbagliato indirizzo prendendosela, in entrambe le situazioni, con campioni esemplari per generosità ed impegno sul campo.
A Roma Spalletti riuscì a far attaccare le scarpette al chiodo ad un Totti umiliato (giri di campo in attesa di entrare negli ultimi dieci minuti, etc..) e sconcertato per il trattamento antisportivo subito. Da Milano, Icardi fu costretto a trasferirsi a Parigi per rafforzare Il Paris Saint-Germaine lasciando in eredità un problema al povero Conte, obbligato ad ‘accontentarsi’ di Lukaku per la modica cifra di 75 milioni di euro! Alla fine, però, Spalletti ha dovuto fare le valigie.
In ogni caso la vicenda Ronaldo mostra uno scenario molto simile da cui emergono due fatti ben precisi: 1) Ronaldo non ha preso bene le due sostituzioni ‘tecniche’ (inventato il problema al ginocchio) nello spazio di 4 giorni (Lokomotiv e Milan). Tutta la mirabile carriera di CR7 (infiniti titoli, cinque Palloni d’Oro) è stata costruita sul suo immenso orgoglio, sulla voglia di essere il Numero Uno e dimostrarlo in ogni impegno agonistico. Domenica si è visto dall’espressione smarrita negli occhi e da come ha trattato i suoi primi palloni che non era il solito CR7: evidentemente la sostituzione In Champions aveva lasciato il segno, gli aveva tolto la sicurezza che è sempre stata la sua forza micidiale.
Fino all’arrivo di Sarri a Torino, ogni occasione per lui era buona per dimostrare che era sempre il migliore. Ma dopo la sostituzione di Mosca, l’insicurezza gli faceva commettere nuovi errori altrimenti inesistenti. Sotto un certo profilo, la sua sostituzione poteva apparire la cosa più giusta da farsi, non fosse stato che lo sfasamento di Ronaldo era la logica conseguenza del provvedimento di quattro giorni prima 2) Quello che è successo non è stato affatto gradito dalla Società.
Già dal punto di vista tattico, lo staff tecnico bianconero, capitanato dal superesperto Pavel Nedved, stava disapprovando che Sarri schierasse in attacco Ronaldo ed Higuain che si ostacolavano a vicenda. Ne conseguivano poche reti vittorie per il rotto della cuffia, arrivate in extremis quando prima Higuain e ultimamente Ronaldo venivano sostituiti da Paulo Dybala match maker ideale. Quando questo cambio arrivava troppo tardi per mutare le sorti della partita arrivava puntuale dalla panchina il jolly Douglas Costa a sistemare la faccenda. Gioco brillante? Neanche l’ombra.
Il tutto mentre in Sardegna, con lo stipendio di 50 milioni di Euro pagato annualmente a Ronaldo, il Cagliari targato (Rolando) Maran-Nainggollan, allestisce una squadra che si trova in zona scudetto a suon di gioco e gol (gli ultimi cinque alla Fiorentina).
Come si svilupperà la vicenda. Ronaldo è in Portogallo (con il suo ginocchio – forse – malandato) a ritrovare fiducia in Nazionale lusitana. Conoscendo la sua storia, fatta di orgoglio, la rottura con Sarri (labiale offensivo a parte) appare vera e non reversibile. La Juventus ne è pienamente consapevole, come è certa che il suo investimento quadriennale con il 35enne giocatore portoghese sta andando a farsi benedire dopo aver già fruttato in una stagione (28 reti in campionato) ricavi superiori di 55 milioni di euro rispetto alla stagione precedente. Grazie ad un milione di magliette vendute e 28 milioni di Euro in più dallo Sponsor Adidas.
Ronaldo non è stato soltanto il tonico tecnico per una Juventus post-Allegri in cerca d’autore. È stato soprattutto l’oggetto di un investimento industriale da parte di una Multinazionale. Un progetto che si stava realizzando in maniera crescente perché la Juve, in un solo anno, ha visto accrescere in maniera esponenziale il seguito di sostenitori nel mondo (circa 38 milioni fra cui tanti potenziali acquirenti di auto Fiat).
Ronaldo è sempre stato un calciatore esemplare dedito solo all’interesse del gruppo in cui milita: rappresenta a Torino anche un ingranaggio fondamentale di un piano industriale che non può essere compromesso da ‘maestrini più o meno forniti di attributi’ eccellenti nella gestione della panchina lunga ma non dell’Undici schierato inizialmente. Cristiano Ronaldo è tutt’altro che un bambino viziato: è un grandissimo campione, forse il calciatore più forte di sempre e come tale provvisto più che da meri ‘attributi’ da un grandissimo super IO. Come campione deve venire trattato, nel comune interesse.
Pietro Mennea di Barletta, grazie al suo particolare IO, è stato per anni il velocista più veloce di qualunque atleta nero. Per decenni, a partire dal 1979, ha detenuto il record del mondo sui 200mt. Si è allenava mattina e sera, ha vissuto praticamente in clausura osservando tutti giorni una dieta ferrea. Aveva un carattere insopportabile e considerava la maggior parte delle persone nemici: il che lo motivava assai.
La crisi di Ronaldo è una cosa molto seria e non nasce da turbe. Nello Sport di alto livello, la psicologia è tutto. quando devi superare te stesso e quando l’età avanza: appare assai difficile che CR7, da solo, possa riprendere il cammino positivamente. Fortunatamente per lui, e per tutti, Ronaldo da ieri è in Algarve per Portogallo-Lituania (Campionati Europei): potrebbe essere decisivo che CR7 a suon di gol e buon esempi trascini la Nazionale lusitana al successo. Il tripudio potrebbe cancellare la sua depressione. Altrimenti, al suo rientro, si imporrà a Torino la domanda: Sarri o Ronaldo?