Quale Sport?
Quello olimpico? (l’Italia è uno dei paesi più medagliati alle Olimpiadi). Le Scienze Motorie come è stata ribattezzata l’Educazione Fisica a scuola? Quello ‘libero’ slegato da regole e federazioni? Quello del campionato di calcio di serie A? Quello dei campionati minori di tutte le federazioni o Enti di promozione sportiva?
Si inizia da quello ‘praticato’ al nord, al centro o al Sud? Oppure da quello che si pratica negli impianti di proprietà pubblica o privata? Parchi e aree comuni? E poi, cosa si intende per ‘fare sport’ e quale differenza c’è tra sport e attività motoria?
La confusione, dal punto di vista lessicale, regna sovrana.
A fronte del medagliere olimpico da sempre di tutto rispetto, le più recenti statistiche ci dicono che in Italia le persone che svolgono un qualche tipo di attività fisica (anche al di fuori delle organizzazioni sportive formalmente riconosciute, tipo federazioni) oscillano tra il 39 e il 55% a seconda delle ricerche. Non è granché e il confronto con la Svezia è illuminante: gli scandinavi non posseggono certamente un medagliere olimpico degno di attenzione eppure la quasi totalità della popolazione svolge una qualche attività fisica (il 70% in strutture, il resto che fa movimento con metodo e regolarità).
Torniamo a bomba: di quali attività si parla? La rappresentazione plastica la avemmo ai tempi del Conte 2 con decreti che parlavano, senza molto specificare e quasi considerarli sinonimi di “attività amatoriale, attività sportiva e motoria all’aperto, attività sportiva di base, attività motoria in genere, allenamenti individuali all’esterno, allenamenti individuali all’interno con o senza pallone, sport di contatto, attività sportiva dilettantistica di base”.
Sono stati solo alcuni dei termini utilizzati un po’ superficialmenteai bei tempi dei DPCM a raffica e delle ordinanze ministeriali (2020 inoltrato).
Tutto questo introduce anche nello Sport il ‘modello Italia’:
individualismo, interessi personali o di parte, sostanziale disinteresse della politica nell’insieme, guerre tra bande a suon di decreti (e non leggi dello Stato). Eppure, le tessere (tesserati?) degli Enti di promozione Sportiva (più di 7 milioni) e delle federazioni (più di 4 milioni di cui più uno per il calcio) sono più di 12 milioni. Più di 20 milioni (33% degli italiani) i non sedentari secondo le stime degli operatori. Purtroppo, non siamo riusciti a trovare da nessuna parte il numero dei tesserati delle singole Federazioni dopo quella pubblicati dal CONI nel 2017 con i numeri del 2015 (!).
Per dirla con Nicola Rinaldo Porro, sociologo dello Sport, titolare di cattedra a Cassino e già Presidente dell’Ente di promozione sportiva UISP dal 1998 al 2005: “Tradizionalmente e sostanzialmente lo Sport è espressione, in tutte le sue declinazioni, dello Stato centrale“.
Quando sta per iniziare il 2022 si perpetua il sostanziale immobilismo nello sport, che, medaglie a parte, condizionerebbe positivamente la vita di ognuno se ben indirizzato dalla politica. Questo perché lo Sport interviene sulla qualità della vita di ciascuno indipendentemente dall’età, dal genere, dalla condizione socio-economica. E tralasciamo, in quanto elemento accessorio in questo contesto, la questione del risparmio sulla spesa sanitaria che, pur prioritario, segue l’aspetto del benessere fisico e mentale che l’atteggiamento ‘sportivo’ comporta. Se ‘parlata, discussa’ per macroaree, l’Italia è a trazione ‘indiretta’:
NORD – dove esiste un modello politico che, nel bene e nel male, non può prescindere (i cittadini insorgerebbero) dall’avere una progettazione organica sullo Sport, con alcune eccellenze che riguardano in primis l’Emilia Romagna ma anche la Liguria e la stessa Lombardia.
CENTRO – dove (escludendo Roma che rappresenta un unicum assemblando il peggio – molto – e il meglio – poco – del resto d’Italia) il modello si avvicina più al niente del sud che al molto del nord. Anche qui eccezioni ‘light’ come l’Umbria: vogliono ma non possono
SUD – dove lo Sport nel suo insieme, tolte significative eccezioni che tali rimangono (vedi CUS locali), non è ancora pervenuto.
Si legge spesso dell’importanza dello Sport per i giovani o, ancora peggio, per la scuola: ma la popolazione italiana di età compresa tra i zero e i 19 anni è solo il 17,7 % del totale: una non grande ma importantissima percentuale alla quale dobbiamo dedicare maggiore cura in quanto patrimonio futuro. Senza dimenticare, però, che il resto della popolazione, fuori di dubbio, invecchia sempre più (l’Italia è, insieme a Germania e Giappone, il paese più anziano al mondo). Lo Sport afferisce alla sfera sociale della persona, eppure è considerato dalla classe politica ‘Figlio di un Dio minore’ e come tale trattato (non quando si tratta di fare business): non merita neppure un Ministero!