Buon Ferragosto a tutti i nostri lettori. Si sono concluse da poco le Olimpiadi piu’ inclusive partendo dal 1896. Recano con se’ inevitabili riflessioni sul mondo sportivo italiano e, in primis, la domanda delle domande: lo Sport di vertice “parla” con lo Sport di base? L’occasione pero’ e’ ghiotta anche per alcune considerazioni che i protagonisti, a tutti i livelli, ci solleticano con le loro dichiarazioni ed entusiasmi anche da parte di chi ha tutto l’interesse a vedere rosa anche quando non e’ proprio cosi’.
Il flop italiano nell’Atletica, la regina delle Olimpiadi, e’ evidente. Per una Nadia Battocletti argento nei 10.000 abbiamo avuto tante occasioni mancate per tanti motivi (vedi Tamberi -l’atleta olimpico italiano piu’ social di sempre- Jacobs e gli atleti della velocità, le staffette). In realta’ l’atletica italiana mostra chiari segni di resa nei suoi atleti più conosciuti e, forse, usurati ma mostra anche molti giovani talenti che sono sotto la soglia della visibilita’ mediatica e che spesso si scontrano con le difficoltà di avere impianti a disposizione: dove deve andare un’atleta FIDAL quando inizia a dimostrare di essere un top player? Formia? Rieti? Oppure infilarsi nel mondo dorato dei gruppi sportivi militari che gli garantiranno uno stipendio? (una vera e propria anomalia italiana).
Non sembra esserci una strategia. Se ben ricordiamo, la Fidal e’ la stessa Federazione cui la IAAF, non certo nemica del nostro paese, ha di fatto sottratto una quasi certa organizzazione dei Mondiali per manifesta incapacita’ di pianificazione (Roma era candidata per l’edizione 2027 assegnata poi a Pechino). Senza approfondire l’organizzazione degli Europei di Roma dello scorso giugno.
La realta’, come scriviamo da anni e come confermano a nostro avviso alcuni eccellenti protagonisti delle nostre Olimpiadi (leggi Velasco), ci dice che in Italia manca una vera e organica politica per l’impiantistica sportiva al di la di singole iniziative. Forse per la prima volta non si può dire che mancano gli investimenti ma questi non fanno parte di un piano organico. Non tutti gli impianti di alto livello sono distribuiti uniformemente sul territorio nazionale ma quello che manca veramente sono i palazzetti “light” che richiedono investimenti ridotti e possono contribuire allo sviluppo dello sport agonistico di medio livello sgravando anche le palestre scolastiche che devono assolvere ad altre funzioni.
Ma allora, come e’ andata a Parigi?
Un disastro se si guarda alle discipline di squadra (calcio e basket maschile femminile non presenti, pallanuoto maschile e femminile eliminate ai quarti, pallavolo maschile sconfitta nella finalina), con l’unica eccezione della pallavolo femminile. In ogni caso molto meno bene di quanto si voglia far credere: non abbiamo fatto progressi rispetto a tre anni fa e Malagò si era augurato di superare quel risultato. Le parole di Carlo Mornati, Segretario Generale del CONI e Capodelegazione a Parigi – e dunque interessato a “pompare” la spedizione – dovrebbero far riflettere: “(…) dal 1996 è come se avessimo perso un’intera nazione di praticanti, 5 milioni di praticanti. I ragazzi non giocano più all’oratorio mentre altre nazioni puntano sulla scuola”.
Tutto cio’ premesso, durante le Olimpiadi appena concluse abbiamo avuto modo di assistere a diversi balletti di potere politico-sportivo che forse vanno approfonditi: il capo dello Sport olimpico italiano, Malago’, rivendica il successo del movimento olimpico da lui guidato (“rimbeccato” subito sull’argomento dal Presidente della Federazione Nuoto (FIN) Paolo Barelli che ha ricordato che i successi sono merito delle società e delle Federazioni) e chiede una deroga all’attuale normativa per ottenere un quarto mandato oltre il terzo che scade nel maggio del prossimo anno (non si dimentichi che il CONI, come tante volte orgogliosamente rivendicato, è ente pubblico).
Di contro, il Ministro dello Sport Abodi che non puo’ che sottolineare la regola dei tre mandati in vigore facendo ‘alterare’ il n. 1 del CONI. Alla fine una soluzione si trovera’ ma non può non destare stupore che Malagò chieda una deroga dimenticando di specificare i motivi per i quali è opportuno e/o necessario un suo altro mandato. La frase a lui attribuita “lo vuole lo sport” è davvero ambigua. In ogni caso sara’ il Consiglio Nazionale del Coni (leggi Presidenti delle Federazioni) ad eleggere il nuovo Presidente.
Che dire poi dello scontro, anzi della vera e propria guerra in atto in questa caldissimo agosto, proprio tra il citato Presidente della FIN Paolo Barelli (quota Forza Italia – precipitosamente rientrato a Roma da Parigi per presidiare il territorio – e il plenipotenziario sportivo di FDI Fabio Rampelli. Oggetto del contendere: la rielezione di Barelli al vertice della FIN per la settima volta consecutiva: le elezioni sono previste il prossimo 7 settembre). Qui il Presidente del Coni non sta certo a guardare visti i suoi pluriennali tempestosi rapporti con Barelli..
Infine, le Olimpiadi richiamano una domanda non semplice: i Giochi sono per definizione riservati agli atleti e alle atlete tesserati e tesserate con le Federazioni riconosciute dal CONI attraverso il CONI. Di conseguenza, in quale spazio devono muoversi gli oramai anacronistici Enti di Promozione Sportiva (EPS) eterni depositari di sussidi pubblici? Forse è ora di definirlo chiaramente all’interno di una riforma del sistema sport che che dovrebbe essere più grande del CONI.
P.S.: a proposito di Sport inteso come bene sociale, quello che che ha come obiettivo la salute e il benessere del cittadino, sarebbe auspicabile facesse capo al Ministero della Salute, nel contesto di un grande progetto Paese, realizzando un’esigenza sociale ed economica che solo chi non pratica l’arena sportiva fatica a vedere.