di Redazione
La classe dirigente del calcio italiano lascia un segno di mancanza di rispetto
a) per le vittime del crollo
b) per il resto dell’Italia che sabato 18 agosto ha osservato una doverosa giornata di lutto nazionale
Ci dicano i signori che comandano il calcio se esiste un solo motivo per non interrompere la prima di serie A quantomeno tutte le partite di sabato 18 agosto, una giornata in cui la nazione è ferita da una tragedia che mette a nudo un sistema, una classe dirigente che non funziona e che ha tradito il patto che deve esserci tra generazioni.
Una ragione esiste, una sola ed è quella che essa stessa, classe dirigente del calcio, ha fallito come tutte le altre classi dirigenti a partire da quelle politiche nel silenzio di chi – la maggior parte di noi – in buona fede ancora crede che esista per loro il senso della vita prima di quello del (loro) denaro e che forse”si, ma perché poi non si dovrebbe giocare..?”
L’articolo di Lorenzo Semino (vedi qui) apparso sul sito Io gioco pulito che riportiamo integralmente a seguire è quello che più, a nostro avviso, rappresenta gran parte del movimento sportivo nazionale.
Facciamo finta
di Lorenzo Semino
Il direttore responsabile di Tuttosport, nel commentare la “decisione pilatesca” che ha portato la Lega Calcio a rinviare solamente le gare delle genovesi nella 1a giornata del campionatoormai alle porte, ha fatto riferimento al buonsenso dei tifosi rossoblucerchiati, vincitori morali di fronte ai “soloni dello show business” con il loro rifiuto di prender parte allo spettacolo. Parole che fanno seguito alla telefonata del direttore di SkySport Federico Ferri, pronto ad “esprimere il disagio” di tutta l’emittente nei confronti di una scelta non condivisa ma rispettata.
“Il problema siamo noi” sostiene invece Ivan Zazzaroni, in un tourbillon mediatico tanto spiacevole quanto inevitabile. Del resto anche la Juventus – parola di Massimo Ferrero – aveva avallato l’ipotesi di un rinvio della gara contro il Chievo, ma nulla è cambiato e con tutta probabilità nulla cambierà. E così verrà, anzi viene messo in mezzo il “povero” Cristiano Ronaldo, il bello e scintillante Lazio-Napoli, così viene messo in mezzo il calcio in una giornata che non dovrebbe parlar di nulla se non far riflettere sul crollo di un’opera pubblica alta 90 metri. 90 minuti di sport non sono e non saranno accettabili, anche nella patria dei “Napalm51” e del “tanto non serve a niente”. Sul ponte di Brooklyn a dimensione genovese “siamo morti tutti”, come ricordato da Don Roberto Fischer. E chi non è di Genova capisce ma non vuole capire. Un eventuale rinvio del battesimo annuale di uno sport, il più seguito in Italia, suscita forse più malumori di quanto si possa credere?
Quando la morte ci chiamerà, non ci sarà partita di calcio che possa tener banco. Quando viene proclamato un giorno di lutto nazionale, tutti dovrebbero fare un passo indietro anche a costo di rendere un po’ meno gradito il primo spezzatino d’agosto. “Se ci tagliassero a pezzetti” forse capiremmo per davvero il senso della vita, della sua precarietà resa lampante dal crollo di una certezza in cemento armato. Invece ci troveremo in tanti a guardare l’esordio del campionato in un giorno nefasto per il paese, ritenendoci in parte colpevoli di aver contribuito a macchiarlo esultando per un gol, colpevoli di uno spettacolo teatrale che ha un canovaccio deciso da tempo e difficile da scardinare nei suoi pochi punti fermi. Abbiamo licenziato qualsiasi dio ormai da tempo, non ci piove, certo che assumersi qualche responsabilità scomoda sarebbe stato un segnale di unione. Per far finta, almeno un giorno all’anno, che vittime e dispersi sulla via della povertà valgano più dei miliardi sugli schermi della ricchezza. Per finta, per un giorno. Per favore. E qualcuno, ancora una volta, “dirà che c’è un modo migliore”.