di Giacomo Mazzocchi
Nel rugby un singolo elemento non è determinante per il rendimento della squadra
Alla vigilia dell’esordio nel Rugby Sei Nazioni le prospettive azzurre, 20 anni dopo l’ingresso nel Sei Nazioni, sono buone.
Nel rugby un singolo elemento non è determinante per il rendimento della sua squadra; spesso utile e anche decisivo ma non determinante. Il rugby è sport corale per definizione. Da solo riesci a concludere poco.
Hai sempre bisogno del sostegno dei compagni, se non altro in senso strategico. Insomma, un giocatore non ha mai fatto una squadra, anche perché in campo si gioca in 30: una folla che intasa gli spazi e che permette di avanzare solo attraverso un coordinamento collettivo. Da solo non ce la fai. L’assolo individuale è possibile ma in modo occasionale.
Nel calcio tecnica, talento, fisico, individualità e personalità possono essere determinanti
Nel calcio, invece, questo è possibile: tecnica, talento, fisico, individualità e personalità possono essere determinanti e consentire ad una squadra successi strepitosi e continuativi.
Gli esempi sono tantissimi. L’ultimo, sotto gli occhi di tutti, è quello di Cristiano Ronaldo. Le squadre in cui ha militato hanno a lungo dominato ogni scenario in cui erano impegnate. Ciò in paesi (e calcio) totalmente differenti: dal natio Portogallo all’Inghilterra, dalla Spagna ora in Italia. Ha vinto tutto.
La Juventus, da quando CR7 è sbarcato a Torino, è stata capace di aggiudicarsi 18 partite su 20 in campionato, dominando ogni altro tipo di competizione in cui è impegnata, Coppa Italia, Champions e Supercoppa Italiana.
Ronaldo non è l’unico calciatore ad essere Uomo squadra
Ma Ronaldo non è l’unico calciatore ad essere Uomo squadra con la U maiuscola: si può forse considerare il migliore per perfetta combinazione fra atleticità, tecnica, generosità, intelligenza tattica ed agonistica ma anche Maradona, Di Stefano, Messi e Pelè hanno fornito nelle squadra in cui hanno militato un contributo decisivo. I cultori del calcio sono sicuramente in grado di aggiungere altri nomi a questa schiera di supercalciatori (Puskas, Cruyff, Ibrahimovic, Totti, ed altri) ma si tratta dina discussione che non modifica l’assunto di base: nel calcio un uomo può fare una squadra, una grande squadra.
Nel rugby esiste, invece, una regola contraria
Nel rugby esiste, invece, una regola contraria. Si prenda per esempio il grande Jonah Lomu, il giocatore neozelandese possessore di una potenza irresistibile che, ad un certo momento, giocava con un rene trapiantato e che morì poi prematuramente. Era alto 1,96 mt e pesava 120 kg e con il pallone in mano correva in 10′ netti i 100 metri. Nella semifinale contro l’Inghilterra ai mondiali sudafricani del 1995, realizzo la meta del successo neozelandese abbattendo sulla sua strada ben 4 giocatori britannici. In finale però il titolo iridato finì sulle maglie dei sudafricani per la gioia di Nelson Mandela.
Questa lunga storica premessa per introdurre le ragioni per cui alla vigilia dell’esordio azzurro nel Sei Nazioni di rugby, in programma sabato 2 febbraio ad Edimburgo, la presenza di Sergio Parisse induce ad un sogno: che la Nazionale italiana possa ripetere al suo esordio la storica impresa di 20 anni fa quando, allo Stadio Flaminio di Roma, nella gara di esordio assoluto nel Sei Nazioni, riuscirono a superare la Scozia detentrice del titolo 2008 con tutte vittorie. Successo storico sul quale il rugby italiano ancora campa di gloria.
Ogni regola ha la sua eccezione
Sergio Parisse,il capitano azzurro, figlio di Sergio campione italiano di rugby con l’Aquila Rugby di qualche anno fa ed emigrato in Argentina, è il soggetto che fa eccezione.
Come Ronaldo ha un impianto fisico eccezionale: è più alto del portoghese di Funchal, quasi due metri x oltre 110 kg. Come Ronaldo potrebbe essere il numero uno in qualsiasi sport, tale è la capacità atletica e la coordinazione motoria.
Ha vinto finora tutto quello che un rugbista italiano poteva vincere
Con la palla in mano fa cose da funambolo e la sua vis agonistica e impareggiabile. Ha leadership e coraggio, legge la partita come fosse lui l’allenatore. Ed in realtà in campo è proprio lui l’allenatore, come si conviene al capitano nel rugby..
Come Ronaldo anche per Sergio Parisse gli anni sono passati ma certamente non li dimostra perché è un atleta che sa sacrificarsi con umiltà nella preparazione fisica: 36 anni non sono un handicap quando la testa ed il fisico tengono e si aggiunge una qualità: l’esperienza….
Ha vinto finora tutto quello che un rugbysta italiano poteva vincere; non certo in Italia ma in Francia, a Parigi, con la maglia dello Stade Francais.
Il Rugby, però, non perdona neanche gli atleti più dotati e qualche infortunio grave il capitano azzurro – primo nella storia per presenze e capitanato – lo ha dovuto accusare. Ma in allenamento si sta mettendo in mostra e in grado di condurre l’Italia fuori dal guado: in due anni di sua assenza nel Sei Nazioni l’Italia ha perso tutte e 10 le partite.
O’Shea ha ringiovanito molto i ranghi. Ha messo su una squadra competitiva cui ora manca solo e soltanto il Capitano. Ma gli azzurri lo hanno ritrovato, insieme ad un gruppo di giocatori che finalmente, tramite le imprese della Benetton in Europa, sta dimostrando di poter essere vicino al miglior rugby d’Europa.
Sabato 2 febbraio ore 15:15 Murrayfield Stadium, Edimburgo
E il giorno giusto potrebbe essere proprio sabato 2 febbraio alle 15:15 in quel di Murrayfield ad Edimburgo contro la Scozia. “Vent’anni dopo…”
Giacomo Mazzocchi