di Giacomo Mazzocchi
Si punta ad un duello Juve vs Inter sulla base degli acquisti di grandi giocatori e di allenatori celebrati, ma sarà l’anno dell’Atalanta di Gian Piero Gasperini.
Da quando il calcio ha raggiunto l’attuale dimensione consumistica, gli scudetti sono stati una faccenda riservata ai club dei grandi centri urbani: Milano e Torino in primis; quindi Roma, Genova e via via tutte le altre per ovvie ragioni di potenzialità economiche. E con l’innesto di investitori americani e cinesi il quadro non è cambiato.
Questa legge non è stata rispettata solo in pochissime occasioni in virtù della straordinaria combinazione formata da una proprietà competente ed “illuminata” e dalla capacità tecnica ed intellettuale di un allenatore poco rinomato o magari noto per sapersi destreggiare nella lotta per non retrocedere.
Ciò è successo due volte. La prima a Cagliari nella stagione 1969-70, la seconda a Verona nel Campionato 1984-85
Nel capoluogo sardo, Manlio Scopigno – detto il filosofo – si avvalse magnificamente dell’apporto risolutivo di Gigi Riva, un giocatore lombardo innamorato della Sardegna e deciso a dedicare il suo enorme talento alla causa calcistica del’Isola. Fu lo scudetto più meridionale d’Italia.
A Verona, Osvaldo Bagnoli seppe gestire in maniera eccellente il talento del difensore tedesco Briegel e dell’attaccante danese Elkiaer. Verona, provinciale autentica non era neanche capoluogo di Regione.
Cagliari e Verona, scudetti una tantum in un panorama che guarda storicamente ai soliti noti.
Non bastasse la tradizione, da parte di Juventus ed Inter ci sono anche campagne acquisti faraoniche sia per quanto riguarda calciatori che allenatori: incoraggiati da misure fiscali favorevoli, i club italiani hanno potuto mettersi in concorrenza con il calcio europeo più ricco.
Ed ecco che la Juve ha affiancato all’attaccante più forte al mondo, Cristiano Ronaldo, il difensore più forte del mondo, l’olandese De Ligt fornendo quindi a Maurizio Sarri tutti gli elementi necessari per soddisfarlo in ogni reparto. A cominciare dal terzino destro di spinta, il brasiliano Danilo.
Medesimo percorso ha intrapreso l’Inter che, assunto ‘l’inglese’ Antonio Conte lo sta seguendo in tutte le sue scelte a cominciare da quella di sbarazzarsi di campioni autentici e non sostituibili quali Icardi, Nainggolan e Perisic. Come Spalletti al suo arrivo in nerazzurro (dopo la guerra a Totti in quel di Roma) anche Antonio Conte sì è presentato al grido di “datemi Lukaku…” E giù una nota spesa milionaria di acquisti.
Mai come quest’anno si è registrato un mercato di allenatori davvero imponente. La messa (tardiva) a riposo di allenatori vetusti come Allegri e Spalletti ha portato ad una rivoluzione autentica nelle panchine: i boss delle società di calcio hanno improvvisamente realizzato che, più che di giocatori, il calcio italiano mancava di allenatori in linea con le tendenze di gioco imperanti. Dalle scelte operate, sembra però che ancora una volta si stia arrivando in ritardo.
Nel senso che mentre qualche stagione fa sembrava che il modello tattico più pagante fosse quello alla ‘Guardiola’ (pressing e palleggio breve) – che aveva celebrato come massimo esponente la giovane squadra olandese dell’Ajax – negli ultimi tempi in Inghilterra questo modello vincente è stato portato avanti e perfezionato, inserendo una maggiore fisicità.
L’Inghilterra, insomma, si è comprata quanto di meglio possa esserci in fatto di talenti e di allenatori in grado di dotare di fisicità i talenti tecnici. Il risultato è il dominio delle squadre inglesi nelle Coppe Europee lo scorso anno.
Per commentare l’attualità, la debacle (2-3) del Torino contro il Wolverhampton, nei play off di Europa League, è segnale assai significativo. In casa propria, insomma, si continua a rimanere un passo indietro.
Si dirà: ma Sarri e Conte provengono entrambi dal calcio inglese…
Al tempo. Non provengono dal calcio inglese, ma dal Chelsea, Club particolare con una storia molto italiana. Un club che ha avuto i suoi momenti di gloria che non sono di Conte (nonostante il titolo) né di Sarri che lo ha seguito. Sarri ha vinto la Europa League, si dirà. Al tempo. In Inghilterra, le competizioni principe sono: La Coppa di Lega e lo Scudetto e sul piano europeo la Champions League. L’Europa League è un surrogato poco considerato, un contentino.
Sarri non ha impressionato l’Inghilterra, tant’è che stava per essere giubilato. E Conte, lasciato il Chelsea non ha trovato estimatori in loco nonostante lo scudetto. Per l’Italia, dunque, si tratta di cavalli di ritorno. Ben pagati e corteggiati ma cavalli di ritorno che hanno poco di moderno da apportare.
Antonio Conte ha un grande curriculum da giocatore che gli garantisce almeno un’ottima capacità di riconoscere ed assemblare talenti autentici pur in una discreta confusione sui modelli tattici. Praticherà insomma il calcio che conosce da tempo, quello dei desueti Allegri e Spalletti. Sicuramente, però, ottenendo i massimi risultati possibili.
Sarri si muove su un terreno da lui per primo adottato al tempo del miracolo Empoli. Il passaggio a Napoli è risultato positivo come modello tattico, ma la crescita si è arrestata in eccessi di schematismo (taccuino sempre in mano) al punto che, nonostante i secondi posti dietro la Juve, ad un certo punto De Laurentiis non ha rinnovato il contratto.
Di contro, alle problematiche di Juve ed Inter esiste la realtà Atalanta del Presidente Percassi e del tecnico Gasperini.
Dall’avvento di Gasperini, quattro stagioni fa, l’Atalanta ha smesso di lottare per non retrocedere ed è diventata una delle maggiori protagonisti in campionato, Coppa Italia e nella sfida per entrare in Europa. Tutto ciò benché ad ogni fine stagione i suoi maggiori talenti siano stati ceduti costringendo Gasperini a ricominciare sempre tutto daccapo, ma sempre con nuovi successi e creazione di nuovi talenti.
Elencando: sono partiti in tre anni da Bergamo per approdare in Nazionale o a grandi club questi talenti: Caldara e Spinazzola (Juventus), Conti e Kessie (Milan), Cristante e Mancini (Roma), Gilardini (Inter), Zappacosta (Torino), Petagna e Palosci (Spal), Cigarini (Napoli).
Significativa, comunque, la costante che la maggior parte di questi talenti abbia incontrato difficoltà ad affermarsi nei nuovi club. Ultimo, Mancini alla Roma.
Antonio Percassi ha capito che Gasperini è un allenatore speciale. Ha capito che Bergamo può mirare più in alto, come Verona e Cagliari e quest’anno non ha ceduto nessuno di importante. La squadra è quella arrivata quarta lo scorso anno, con il migliore attacco (103 reti) guidato dai suoi tre gioielli: Gomez, Ilicic e Zapata con in più rafforzato da Muriel e Malinovskyi. Centrocampo solido e affiatato affidato a De Roon e Freuler.
Insomma, una struttura ben selezionata e affiata in ogni settore che pratica il miglior calcio in Europa, pronta ad aggiungere fisicità al suo muoversi a valanga: tutti attaccanti, tutti difensori. Una squadra che può osare.