di Giacomo Mazzocchi
Molti interisti presenti a San Siro alla fine dello spettacolare derby d’Italia si rammaricavano: “Con Icardi sarebbe andata diversamente”. Come non condividere?
In Inter-Juventus è stata palese la differenza di valore fra l’ex interista e Romelo Lukaku: ciò che è mancato all’Inter di Antonio Conte nonostante un sostanziale equilibrio espresso in campo. Dall’altra parte c’era infatti una Juve sempre più sarriana che pratica un calcio totale, con un pressing crescente e partecipato e possesso palla. Con i giocatori che si stanno adattando al sistema Sarri, pronti cioè ad interpretare il modulo indicato dall’allenatore ed accettare i ruoli che il tecnico richiede da loro.
Con un Cuadrado disposto a giocare da terzino destro, una sola coppia di difensori autentici e Bonucci che ha smesso di lanciare le punte da dietro. Con Dybala che lotta e produce calcio geniale accettando che gli avversari lo trattino come un punching ball senza che l’arbitro gli offra un minimo di tutela. Dove Pjanic può imbeccare e tessere le sue tele con rapidità dimentico dell’eterna melina orizzontale del recente passato (Allegri). Dove Ronaldo finalmente può dialogare con qualcuno che non gli stia lontano 30 metri e che quel qualcuno si chiamino Higuain, Dybala, Bernardeschi, Matuidi, Alex Sandro.
L’unico limite di questa squadra appare, al momento, la mancanza di tenuta atletica. Si vede che il gioco rallentato in auge ai tempi di Allegri e di quella generazione di allenatori (Spalletti, etc..) pesa ancora sulla brillantezza e sulla tenuta fisica e si è visto chiaramente nella ripresa. Buon per Sarri che proprio nel momento in cui l’Inter si era impossessata del boccino e la Juve arrancava è arrivato l’infortunio che ha tolto di mezzo Sensi. All’opposto, la panchina bianconera poteva disporre di Bentacour, Emre Can e soprattutto Higuain.
In attacco, la Juventus poteva schierare contemporaneamente gioielli come Ronaldo, Dybala, Higuain, Bernardeschi, Cuadrado. L’Inter poteva disporre del solo promettente Lautaro Martinez, generoso nel suo strenuo impegno ma non in grado di fare tutto da solo. E Romelo Lukako, il calciatore per cui l’Inter ha speso di più nella sua storia (70 milioni di euro)? Non pervenuto?
Nonostante gli applausi (prima di speranza, poi di incoraggiamento) della San Siro nerazzurra, è dal suo esordio che il panzer belga proveniente dal Manchester United (curriculum impressionante) continua a non convincere. Più che un calciatore ricorda un rugbysta All Blacks famoso, Jonah Lomu, bulldozer maori che travolgeva tutto durante il suo passaggio velocissimo. Ma il calcio è un’altra cosa, e l’avversario va superato driblandolo non asfaltandolo. E tipetti come Bonucci e De Ligt non si tirano certamente indietro. Conte spiega che Lukaku si deve allenare di più. Non v’è dubbio alcuno su questo punto: i dati ufficiali lo danno alto 1,90 m. per 94 chili. Come sa chi ha dimestichezza con lo sport, una tale struttura fisica comporta una agilità limitata, condizionando perfino controllo e tocco di palla: controproducente ed inutile considerarlo il terminale offensivo della squadra.
Alla settima giornata Il bottino complessivo gol di Lukaku è di tre reti, di cui una su rigore, mentre le reti determinanti che hanno permesso all’Inter di viaggiare fino a ieri a tutto gas sono state appannaggio quasi del tutto dei gioiellini azzurri Sensi e Barella e del terzino D’Ambrosio (quando azzurro a tutti gli effetti?).
Il tutto mentre il Paris Saint Germain di Mauro Icardi vola a vele spiegate nella Ligue1 e soprattutto in Champions da quando il goleador argentino un mese fa è entrato in pianta stabile in prima squadra: due reti consecutive in campionato e, quindi, nel secondo turno, battendo il Galatasaray fuori casa con il gol del successo proprio di Icardi.
In ogni caso, sarebbe tutto perfetto per tutti se la prova del campo desse i risultati sperati. Ma non è così perche, sostiene Conte, ”Lukaku deve allenarsi di più”. Si apre, dunque, un caso. Una vicenda che ci riporta a quanto accaduto a Fabio Capello, allenatore dell’Inter nel 2006-2007. Il più grande calciatore brasiliano dopo Pelè arrancava, ingolfato da peso eccessivo. Si trattava di Ronaldo (Luis Nazario de Lima), due volte Campione del Mondo e Pallone d’Oro. Non c’era verso di riportarlo alle giuste proporzioni, a trent’anni aveva imboccato il viale del tramonto.
Ma il caso Lukaku è assai differente: a ventisei anni il belga, se saprà stare lontano dei panettoni meneghini, può tranquillamente farcela a ritrovare le giuste proporzioni. Ed a dimostrare che può valere almeno quanto, se non di più, del quasi sosia colombiano, Duvan Zapata. L’attaccante atalantino, i suoi 186 cm di altezza li spalma su 80 chili. Ottiene dunque la massima agilità al servizio dell’Atalanta.