A poche ore dalle dimissioni di Rocco Sabelli da Presidente di Sport e Salute Spa tentiamo una lettura, certamente ancora parziale, di quella che rimane una vicenda complessa e sicuramente non ancora terminata.
Il braccio di ferro tra Malagò e Sport e Salute, braccio armato del governo creato dall’allora sottosegretario Giancarlo Giorgetti, sembra oggi volgere a favore proprio di quel presidente del CONI che, all’epoca della Legge di Bilancio 2019, sembrava essere stato annientato dalla Rivoluzione giorgettiana (SportPolitics primo a darne notizia).
Dopo poco più di un anno la governance di Sport e Salute Spa sarà cambiata, riducendo il potere del Presidente cui sarà affiancato un amministratore delegato. Con la riduzione del potere di Sabelli, o chi per lui, Malagò sembra essere tornato di nuovo in sella.
Le Olimpiadi del 2026 organizzate da Milano e Cortina possono essere il nocciolo della questione. Le due regioni coinvolte sono a trazione leghista, Zaia per il Veneto e Fontana per la Lombardia. Malagò controlla ancora il Cio che è direttamente coinvolto, anche e soprattutto finanziariamente, nell’organizzazione olimpica: la spesa prevista di 1.362 miliardi di euro sarà infatti coperta per tre quarti dal Comitato olimpico (circa 1 miliardo).
Il segnale è forte: il Coni non si emargina. Il Coni era e intende rimanere il fulcro dello sport italiano, di vertice e di base. Le dichiarazioni di alcuni politici al riguardo sono in alcuni casi di esplicito appoggio a Malagò in altri di cauto (ri) avvicinamento. Quello che sorprende è che tutto questo non sembra minimamente toccare nè il mondo dello sport, quello praticato, ancora meno il PD, partito che in passato ha avuto un ruolo attivo nelle politiche sportive nazionali.