Giacomo Mazzocchi per SportPolitics.it
Due belle pagine allietano la giornata sportiva odierna: l’Italrugby dimostra finalmente di avere raggiunto una statura internazionale perdendo a due minuti dal termine 27-29 una partita già vinta e meritatamente. La bella notizia è che lo Stadio Olimpico di Roma era colmo di 60.412 spettatori paganti, di cui 30 mila scozzesi in gonnellino, kilt, tartan e birra. Tutti festanti assieme ad altrettanti sportivi provenienti da ogni dove italiano. Il tutto per la felicità delle casse romane.
L’altra storia, invece a lieto fine, è quella scritta, un paio d’ore dopo la conclusione del match rugbystico, dal ciclista Vincenzo Nibali, che ha riportato in Italia, dopo 12 anni, la corona di vincitore della Milano- Sanremo.
Con questa impresa lo Squalo dello Stretto entra di prepotenza e diritto nel novero dei grandi del ciclismo, di miti come Guerra, Binda Bartali, Coppi, Moser. Vi entra non solo perché vincitore di Giri d’Italia, Tour de France e Vuelta spagnola ma per come ha vinto ed il contesto delle vicende che hanno preceduto l’impresa.
Nel carnet dello Squalo dello stretto (la natia Messina) dovrebbe comparire anche l’oro olimpico che, invece, manca perché il fato glielo ha scippato quando ormai l’aveva già appeso al collo. Parliamo dei Giochi Olimpici di Rio de Janeiro 2016 e della caduta drammatica nella discesa di Vista Chinesa a 11 chilometri dall’arrivo: lui in fuga con due figuranti, lanciato come lui solo sa fare nella discesa conclusiva.
Le moto della televisione non riescono a stargli dietro, la strada, scivolosa ed all’ombra, è un precipizio. Dopo una curva l’italiano ed Henau spariscono. Anche il video mostra immagini confuse. Si teme che i ciclisti siano finiti nel dirupo. Finalmente l’inquadratura mostra Nibali riverso al centro della strada fortunatamente vivo.
Si teme una commozione cerebrale nonostante il casco. Fortuna, si fa per dire, che se la cava con la doppia frattura della clavicola.
Nibali ha 32 anni. La sua vita sportiva con un incidente di questo tipo, dovrebbe chiudersi qui. In bicicletta neanche per recarsi dal lattaio. Ed invece no. Ancora con la clavicola in riparazione, lo Squalo rimonta in sella e torna ad essere competitivo. Nessuna ansia o paura quando la strada è in discesa; anzi, è come se a Rio si fosse vaccinato.
Quindi oggi, a Sanremo, arriva il suo capolavoro. Prima della città dei fiori e del festival la Via Aurelia ha una impennata di 150 metri di dislivello. Qui molte Classicissime hanno visto il loro epilogo ed è qui, a sette chilometri dal traguardo, che Nibali piazza l’attacco che lo porta a scollinare con 11 secondi di vantaggio sulla muta di inseguitori dove figurano il Campione del Mondo Peter Sagan, l’australiano Caleb Ewan e tutti i passisti migliori incaricati di andare a riprendere i fuggitivi per preparare la voltata ai finisseur.
Mancano solo 5 chilometri al Traguardo, lo Squalo è solo mentre gli altri si danno il cambio. Solo nella sua incoscienza o temerarietà, consapevole del proprio valore. Non sbaglia una curva ed addirittura riesce a carpire un ulteriore importante secondo di vantaggio. La strada – per il paio di chilometri che mancano – è ormai in pianura. Lo Squalo ha sulle gambe 290 chilometri ed attinge alle residue energie che gli sono rimaste. Riesce a contenere il recupero del gruppo nell’ordine di un secondo ogni cento metri.
Non si volta mai a guardare e sul traguardo ha ancora cinque metri su Caleb Ewan ed il francese Arnaud Demare che regolano il gruppo, accreditato del suo stesso tempo.
Nibali è ormai un mito, tutto italiano: gambe, cuore e coraggio. Un ragazzo del Sud, come tanti altri.