45 anni dalla morte del grande architetto romano: cosa lega Luigi Moretti e il Foro Italico, Picasso e i ragazzi di via Panisperna ?
Il 14 luglio 1973 moriva Luigi Moretti.
A 45 anni dalla sua morte vogliamo ricordare una delle menti più fervide e innovative dell’architettura italiana e mondiale.
Nasce a Roma nel 1907 si diploma al liceo classico e si laurea in architettura a 22 anni, nel 1929, quando è già assistente di Vincenzo Fasolo nella cattedra di Storia e stili dell’Architettura.
Sono gli anni in cui Roma è una metropoli in piena attività intellettuale e artistica. E’ il decennio che va dalla fine degli anni ’20 del secolo scorso alla vigilia dello scoppio della seconda guerra mondiale quando Roma fu una vera metropoli internazionale dove si forgiò in qualche modo il mondo che oggi conosciamo: alcune realtà storiche prescindono da letture diverse da quelle puramente rivelatrici di esse e il ventennio fascista, nel quale l’Italia sta per entrare, è solo lo sfondo per gli animi, le tensioni artistiche e intellettuali che sarebbero emerse in qualunque contesto politico o di regime.
E’ Roma che lega queste realtà e con i ragazzi di via Panisperna il mondo cambierà per sempre.
Si pensi solo a quanto la Capitale, solo qualche anno prima, abbia influenzato un artista del calibro di Pablo Picasso: l’artista spagnolo sta lasciando alla spalle la rivoluzione cubista e vede davanti la lezione dei miti classici. A Roma, con l’amico Jean Cocteau – drammaturgo e sceneggiatore francese – nella quiete dello studio di Via Margutta, Picasso realizza le scene, i costumi e il sipario per il balletto ‘Parade‘, musicato da Satie, e si trova a vivere di nuovo in un’atmosfera bellissima, felice, ricca di stimoli. “Conosce i Futuristi e i pittori della Secessione ed entra in contatto con l’arte rinascimentale e classica” (Picasso. Tra Cubismo e Classicismo 1915-1925, Roma, Scuderie del Quirinale, settembre 2017-gennaio 2018, a cura di Olivier Berggrue con Anunciata von Liechtenstein). Sempre a Roma incontrerà Ol’ga Khochlova, una delle ballerine del Balletto, che sposerà l’anno dopo a Parigi. A Roma, possiamo azzardare, inizia il periodo cosiddetto ‘neoclassico’ di Picasso.
Tornando a Moretti, la sorte gli procurò un fortuito incontro con Renato Ricci, delegato dal duce a sovrintendere all’educazione nazionale anche attraverso la presidenza dell’Opera Nazionale Balilla che Ricci stesso aveva ideato: da lì in poi Moretti non si ferma più. Addirittura nel 1936 Ricci gli affida anche la seconda e definitiva stesura del piano regolatore del Foro Italico dove Moretti lascia quattro capolavori: la Casa delle Armi, il Piazzale dell’Impero, la Palestra del duce (nella foto sotto), la Cella commemorativa. Senza dimenticare nel 1933 la meravigliosa Casa della Gioventù di Trastevere a Roma insieme a quelle di Piacenza, quella di Trecate nel ’34, quella femminile di Piacenza nel ’35, Urbino, ormai GIL, nel ’37.
Dalle parole di Giulio Ricci (scomparso nel 2008), figlio di Renato capo dell’Opera Nazionale Balilla (ONB), un ritratto inedito di Moretti e del Foro italico.
“Vorrei citare un episodio per far capire la considerazione di cui Moretti ha sempre goduto all’estero”, esordisce Ricci. “Ieoh Ming Pei è l’architetto americano di origine cinese che ha progettato la Piramide di vetro all’ingresso del Louvre e al quale sono legato professionalmente ma anche da profonda amicizia. Nel 1989 Pei mi invitò a Parigi in occasione dell’inaugurazione di quella piramide. Durante la visita, alla presenza di numerose personalità politiche e istituzionali (a tavola mi ritrovai persino vicino al presidente Francois Mitterrand), mi accorsi che la scala all’ingresso disegnata da Pei (vedi foto sotto)
si ispirava senza dubbio alla scala elicoidale di Moretti nella Casa della Gioventù a Trastevere (una delle strepitose invenzioni architettoniche di Moretti -ndr- vedi foto sotto) che gli avevo fatto visitare parecchi anni prima .
Mi girai allora verso Pei il quale, strizzandomi l’occhio, mi disse: ‘..our friend Luigi Moretti..!’”.
Il nome e l’utilizzo di questi edifici e di queste opere d’arte, oltre alla sua vicinanza a Renato Ricci, sono probabilmente la ragione per cui l’arte di Moretti è stata sostanzialmente ignorata per decenni in Italia. Moretti, infatti, nel dopoguerra è stato identificato come uomo di regime, al punto da essere arrestato nel 1945 a Milano (dove si era trasferito) e detenuto nel carcere di S. Vittore per quasi un anno. Giulio Ricci, tuttavia, non era molto d’accordo su questo punto:
“Moretti è sempre stato considerato un uomo di regime (e questo ha certamente rappresentato un limite per lui nel dopoguerra) ma io sono convinto che fosse non proprio dedito alla causa fascista. Era sicuramente un uomo che voleva realizzare le sue idee architettoniche e in quel momento il fascismo gliene stava dando l’opportunità ma ritengo che non fosse fascista, anzi, io tendo a paragonarlo ad un Montanelli, tanto per capirci. Mio padre lo considerava un rinascimentale”.
Intorno al Foro Italico, oltre a Luigi Moretti, gravitarono alcuni tra i più alti talenti dell’architettura italiana a partire da Enrico Del Debbio (più grande e già affermato architetto a differenza di tutti gli altri) che lo precedette nella stesura del Piano regolatore del Foro: Canevari, Cereghini, Ceschi, Costantini, Fasolo, Libera, Mantero, Mansutti, Michelucci, Minnucci, Miozzo, Moretti, Paniconi, Pediconi, Pintonello, Ridolfi. Giovani, motivati, ambiziosi di emergere e di far emergere una cultura architettonica moderna e convincente pur richiamandosi ai canoni classici.
Conclude Giulio Ricci: “Attraverso la Sopraintendenza alle Belle Arti e il supporto del Governatore di Roma Pippo Cremonesi suo vecchio compagno d’armi, mio padre fece apporre il vincolo di non edificabilità a tutte le circostanti colline del Monte Mario, promuovendo la nascita di quella che ancora oggi rappresenta una straordinaria cornice verde per il Foro e per tutta la città di Roma (nella foto una veduta attuale della collina di Monte Mario scattata da Trinità dei Monti).
Di tutt’altro genere la grandezza che era racchiusa nelle mura dell’Istituto di Fisica di Roma dove si creò la leggenda dei ragazzi di via Panisperna (nella foto sotto via Panisperna all’incrocio con via Milano nel punto in cui presumibilmente si trovava l’ingresso a quello che fu l’Istituto di Fisica, zona oggi nella disponibilità del Ministero dell’Interno e per questo non accessibile. Sulla sinistra la targa commemorativa mentre sullo sfondo si nota la Basilica di S. Maria Maggiore).
Tutti loro collaborarono assieme a Enrico Fermi alla scoperta, nel 1934, delle proprietà dei neutroni lenti, scoperta che diede avvio alla realizzazione del primo reattore nucleare sperimentale e della successiva bomba atomica nell’ambito del Progetto Manhattan nei Laboratori Nazionali di Los Alamos (USA) di cui Fermi fu uno dei direttori tecnici e a cui prese parte anche Emilio Segrè.
Nella foto sotto si riconoscono, da sinistra, D’Agostino, Segrè (premio Nobel per la Fisica nel 1959), Amaldi, Rasetti e il direttore dell’Istituto e Premio Nobel per la Fisica nel 1938 Enrico Fermi.
Nella foto manca un altro grande tra i grandi: Ettore Maiorana, genio assolutodella Fisica teorica che ritenne opportuno scomparire quando capì dove avrebbero portato le ricerche di Fisica teorica cui solo loro, i migliori, potevano lavorare.